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Respira come un saggio

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La respirazione addominale (conosciuta anche come respirazione diaframmatica o profonda) è la respirazione dei saggi e dei bambini. Si parla di respirazione addominale quando il respiro va ad occupare la parte bassa dei polmoni.

Il diaframma è un muscolo esteso e molto potente che, quando è rilassato, ha forma di cupola. Nel busto il diaframma separa in modo netto la zona toracica dalla zona addominale. Superiormente infatti vi poggiano il cuore e i polmoni e inferiormente lo stomaco, il fegato e la milza.

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Contraendosi, in inspirazione, il diaframma si abbassa e si appiattisce: da “tetto a cupola” diventa così un “tetto piatto”. In questo modo si crea più spazio per la parte toracica del busto e quindi per i polmoni che si possono così arricchire di ossigeno nella loro parte (quella inferiore) più vasta e più irrorata dai vasi sanguigni. Con la respirazione addominale si genera quindi uno scambio più efficiente tra ossigeno e anidride carbonica. Questo tipo di respirazione risulta quindi la più efficace ed economica per l’organismo; permette infatti di ottenere il massimo di ossigenazione e di purificazione (per via dell’eliminazione del materiale di scarto) con il minimo consumo energetico.
A questo beneficio vanno  sommati il deciso effetto anti-stress, nonché l’effetto salutare e rigenerante, per l’organismo e per la psiche, del continuo massaggio addominale prodotto dal ritmico movimento del diaframma in salita e in discesa: un vero e proprio massaggio linfodrenante sempre a nostra disposizione!
Durante la pratica della respirazione addominale (meglio se praticata supini con le ginocchia flesse oppure in posizione prona) è di grande importanza mantenere mandibola, gola e spalle rilassate e prive di tensioni. Le tensioni in queste aree, infatti, sono spesso originate da un eccessivo controllo razionale sulle emozioni (che, guarda caso, “hanno sede” nella pancia), ovvero dal classico timore di “lasciarsi andare”.

La respirazione addominale ci calma e ci porta in contatto con gli strati più interni e più profondi del nostro essere. Dopo circa cinque minuti di questa pratica, infatti, lasciando che la respirazione prosegua spontanea, senza più intervenire volontariamente, l’esercizio si trasforma in una vera e propria meditazione sul respiro.

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la respirazione diaframmatica:

  • con le mani appoggiate sull’addome vicino all’ombelico, inspirare lentamente e profondamente dal naso portando il respiro sotto i palmi delle mani. L’addome si gonfia e si solleva un poco, sollevando le mani;
  • espirare in modo altrettanto lento e completo. L’addome rientra e le mani discendono verso il basso.

Molto semplice!!!!!

La verità, vi prego, sulla glassa. Un ennesimo efferato delitto in cucina.

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Cake and Cupcakes Design

La verità sulla glassa è che FA SCHIFO!

Sono giunta a questa deprimente conclusione dopo aver partecipato ad un corso di Cake & Cupcakes Design: otto ore con un triste ingegnere pentito e convertito allo slow cooking come attività de-stress (dice lui) o perché oggi è una delle poche cose che fanno business (il mio sospetto).

Una giornata intera passata a modellare appiccicosiccia pasta di zucchero come se fosse Didò per produrre tre dolcetti e un tortino che, portati a casa, hanno suscitato incontenibili urla di giubilo in mia figlia per cinque-minuti-cinque, hanno meritato di essere fotografati in più pose in giro per la cucina e… basta.

Si basta. Perché nel dopocena, al tanto atteso momento dell’assaggio, la VERITA’ si e’ palesata in tutta la sua stomachevole e disgustosa evidenza: i dolci con la glassa fanno schifo!

E’ così che l’orrendo delitto si è potuto compiere: i quattro  hanno terminato i loro giorni in spazzatura!

Non ho altro da aggiungere, Vostro Onore.

Karma cafe: decisamente ci meritiamo tutto questo!

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Karma cafe

Nelly, bellissima, sorridente, Venere color cioccolato,  proponeva i piatti dalla sua Costa d’Avorio nel tranquillo localino dietro casa mia. La giornata intera passata a cucinare da sola sul retro, con il sottofondo di Radio Popolare, si interrompeva solo per servire ai banconi da take away, sotto l’ipnotico inseguirsi di bianco e nero dell’arazzo “l’occhio della strega”,  il suo cus cus con le verdure, lo spezzatino di manzo e zucca, i gamberoni speziati… Con Nelly ho capito che cosa significa cucinare e che cosa significa mangiare, tanto che spesso andavo a trovarla da sola per poter gustare i suoi piattini in mistico silenzio interiore e ad occhi chiusi.

All’improvviso, un giorno di qualche tempo fa, passando davanti ai tre gradini del suo negozio, mia figlia ad io abbiamo trovato un cartello e abbiamo letteralmente pianto: “Eravate in molti, ma non abbastanza. L’avventura di Le Canary per ora finisce qui. Grazie a tutti“.

Oh Nelly, con la tua calma, con l’arrotata erre francese della tua pronuncia e i colori accesi e contrastanti che inaspettatamente accoglievano sulla soglia del tuo Le Canary, dove sei?

Perché il nostro Karma ci infligge ora, al posto tuo, la pizza al trancio, le patatine coperte di ketchup e gli squallidi hot dog di un locale giallo e rosso simil-Mac Donald’s la cui insegna untuosamente recita “Il Mangione”?! Perché il mito dell’abbondanza sul quale abbiamo costruito la nostra idea di vivere civile continua a vincere sull’amore, sulla qualità e sul tempo dedicato? Non l’abbiamo ancora capito che il troppo non porta da nessuna parte, che il troppo non solo ingrassa, ma consuma e spreca e non da niente in cambio, se non una panza bella piena e un cervello bello vuoto?!

Continuiamo così: buon Alka-seltzer a tutti!

Ciao! Sei connesso o sei in contatto?

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Quest’estate il caso (almeno credo) mi ha portato per due mesi esatti al mare.

Dal 1 luglio al 1 settembre senza alcuna connessione: nessun portatile, nessun I-phone o tablet, niente wireless; niente e-mail, niente facebook o pinterest o anobii o polyvore o twitter o groupon; niente wordpress.

Senza alcuna disperazione, né crisi di astinenza ho ben presto scoperto la differenza tra l’essere connessi e l’essere in contatto con il mondo:

nessun post cui prestare attenzione, nessun link da esplorare, nessuna immagine da scaricare, nessun “mi piace” da cliccare… Le informazioni mi arrivavano dal piede che posava sulla sabbia umida o rovente e giocava con i suoi granelli, dal polpaccio che testava la temperatura dell’acqua, dalle narici che inalavano l’aria fresca del mattino in bicicletta, dallo stomaco che mi segnalava quando era ora di focaccia, dal palmo della mia mano che accarezzava la nuca di mia figlia per sentire se scottava troppo sotto il sole, dalle gambe fresche e felici e libere nell’azzurro del mare, dal corpo stanco e accaldato che cede al sonno del dopo pranzo, dalle orecchie che percepivano il ritmico respiro della marea nel silenzio dell’alba e del tramonto, dagli occhi, infine, che invece di essere fissi su uno schermo ipnotizzante, vagavano curiosi a cercare il contatto col mondo e i suoi abitanti.

Let’s Get Paranoid: Siamo tutti malati di diete e perché le diete non funzionano

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Dieting doesn't work

Mettetevi comodi.

Si, mettetevi comodi: scendete per un attimo dai tacchi e allentate quel bottone in vita un po’ troppo comprimente o il nodo alla cravatta e… respirate!

Pronti a godervi lo spettacolo?

Già, lo spettacolo: quello di un bimbo alle prese con le sue prime pappe, i primi piattini, i primi gusti e, ovviamente, le sue prime preferenze. I primi “SI” e i primi “NO”.

Sputacchia disgustato o apprezza compiaciuto. E’ tutto molto semplice: piacere-gratificazione o repulsione-allontanamento.

A parte qualche macchia sul vestito, tutto funziona a meraviglia!

E allora perché con noi non funziona così? Ho fame, mangio. Mi appetisce, lo provo. Lo assaggio, mi piace, lo finisco. Non ho appetito, non mangio. Non mi piace, lo lascio. Mi piace ma mi sento sazio, lo allontano.

Che cosa si è frapposto tra noi e questo copione così basic, ma anche così efficace?

Risposta: la cultura. Non siamo più capaci, sembra, di seguire il nostro istinto, non diamo più fiducia alle sensazioni del nostro corpo, non diamo seguito ai suoi messaggi. E invece di ascoltare quello che la natura ci dice, prestiamo orecchio unicamente alle mille voci di una società decadente ossessionata dall’alimentazione, dal cibo e, soprattutto, dalle diete.

Siamo tutti perennemente a regime a qualsiasi età e anche quando non ne avremmo affatto bisogno: la Dukan, la Zona, la dissociata, la pentadieta, … Prima o poi, tornerà, per amore del vintage, anche la dieta punti delle nostre mamme. E se anche non seguiamo un vero e proprio regime stabilito sulla carta, riempiamo i nostri carrelli di cibi alleggeriti, o presunti tali, ci gonfiamo di yogurt snelli, sostituiamo il pasto con barrette plastificate, eliminiamo alcuni alimenti o, peggio ancora, interi gruppi alimentari, esageriamo col caffè perché tanto non ha calorie, saltiamo i pasti, componiamo menu monotematici di solo frutta o solo verdura… E poi c’è la spirale del “dovrei mettermi a dieta”, “incomincio lunedi”, “oggi è festa e quindi posso mangiare oltre misura”, “ho sgarrato un pochino, tanto vale che mi lasci andare del tutto” …

Ovunque in famiglia, al mercato, in ufficio, in spiaggia, ai giardinetti, su facebook, sembra che tutti sappiano perfettamente come nutrirsi per essere belli, sani, in forma, vitali. In teoria.

Insomma, il quadro che ne viene fuori a me sembra questo:

  • poche persone hanno bisogno di seguire un regime controllato e/o di escludere del tutto alcuni cibi (per obesità, intolleranze, allergie, presenza di patologie gravi);

  • sia le persone che sono in sovrappeso, sia quelle che non hanno problemi col girovita vivono perennemente controllate a tavola. Le prime non dimagriscono (o dimagriscono e poi riprendono i kg smaltiti e anche qualcuno di più); le altre vivono comunque male, instaurando un pessimo rapporto con se stessi, col proprio corpo e con uno dei grandi piaceri della vita;

  • ci sono quindi i malati reali e i “malati di dieta”;

  • per questi ultimi le diete non funzionano, anzi generano una pericolosa e autoalimentante forma di ossessione che nei casi peggiori vediamo sfociare in disturbi ossessivo-compulsivi (le tristemente note anoressie e bulimie), e nella maggior parte dei casi intristiscono la nostra tavola e la nostra vita con dubbi, timori e sensi di colpa.

Che cosa fare per uscire da questa cornice così penalizzante per tutti?

Io, che appartenevo alla categoria “malati di dieta” anche se perfettamente in forma, sono tornata ad immaginare il bimbo che sperimenta i sapori per la prima volta. Ho eliminato tutte le idee preconcette, le mediazioni, quello che mi avevano passato, tutto quello che avevo letto, quello che avevo sentito in tv. E ho provato a tornare alle origini.

Alle origini io ci ho trovato VENERE e MARTE!

Venere, il principio del piacere puro, dell’accogliere, il “SI”; Marte, l’archetipo del combattere, dell’allontanare, il “NO”.

Li lascio parlare, sto a sentire che cosa mi suggeriscono in cucina e ai fornelli…

Mi concentro su quello che provo anche solo al pensiero di un cibo.

Se mangio solo ciò che davvero desidero (Venere) e allontano quello che in quel momento non mi piace o non mi appetisce o mi è di troppo (Marte), finisco per mangiare meno (a volte anche meno di quello che prevederebbe una dieta scritta appositamente per me), e finisco per sentirmi bene e in pace con me stessa. Sempre.

Il cibo è energia e nutrimento per il mio organismo e il mio organismo è competente, mi parla, sa molto meglio di me di che cosa ha bisogno e che cosa deve evitare in ogni momento.

Inoltre io non sono mai uguale a me stessa: cambio in continuazione con le ore del giorno, con le stagioni, con il clima, con il ciclo mensile, con quello che mi succede nella vita, forse anche con le fasi lunari. Questi mutamenti sono imprevedibili per me, figuriamoci per un dietologo o per chiunque voglia prescrivermi un regime dato a priori.

Oggi, molto semplicemente, davanti ad ogni piatto visualizzo la mia Venere che si spende solo per il puro piacere e per nessun’altra considerazione di ordine pratico o di convenienza e visualizzo il mio Marte che è in grado di dire di no in modo secco e deciso. E, sorpresa, ho scoperto che il più delle volte Venere ha voglia di re-mineralizzante frutta secca o di una rinfrescante spremuta di pompelmo, di un vitaminico centrifugato, di un pezzetto di parmigiano o di un semplicissimo riso in bianco; mentre Marte è in grado di  allontanare anche la più lussuriosa e pannosa torta di cioccolato.

Ehi, non ci avevo pensato: quasi quasi brevetto il metodo e lo chiamo “La dieta Marte e Venere“, ci scrivo libri, tengo conferenze in giro per il mondo e faccio soldi a palate!!!

Sono s-collocata!

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Senza titolo #65

Ieri la mia amica, nonché personal guru, Anna mi ha segnalato l’esistenza dell’Ufficio di scollocamento (http://scollocamento.ilcambiamento.it/), uno sportello pensato per aiutare le persone a riflettere concretamente su di una possibilità: cambiare vita! Scollocarsi.

Scollocarsi non è ri-collocarsi, bensì collocarsi fuori da un sistema i cui valori non si condividono più, fuori dai suoi schemi precostituiti e omologanti, fuori dalla mentalità del consumo, fuori da uno stile di vita basato su ritmi di lavoro insostenibili e inumani. Scollocarsi non è pensato come una via di fuga, bensì come una via d’uscita alla ricerca di una nuova e personale idea di benessere.

Dalle generazioni che ci hanno preceduto abbiamo ereditato il sogno di una società benestante fatta di famiglie con la seconda casa al mare e la terza casa in montagna, i figli alle scuole private, tutti i week-end e i ponti passati fuori città. Ma questo è appunto un ideale ereditato. E’ ancora attuale? E’ ancora sostenibile? Ma, soprattutto, è il nostro?

Abbiamo bisogno di due auto? (in realtà la domanda che dovremmo porci è se abbiamo veramente bisogno di un’auto…). La formazione scolastica che stiamo dando ai nostri figli o che stiamo programmando per loro (dalle mille attività del pomeriggio dopo la scuola fino all’università e al master) è ancora valida? Sarà in grado di fornire loro gli strumenti necessari ad affrontare il nuovo che è alle porte? Forma delle persone o fornisce solo informazioni facilmente deperibili insieme con i tempi che cambiano?

Sono queste le domande che l’Ufficio di scollocamento invita a porsi. Ma la cosa interessante è che chiede alle persone di suggerirne altre. Nuove domande. Nuovi dubbi.

Ognuno offra poi le sue risposte, segua il suo percorso, si scelga le sue tappe e le sue mete. L’importante è non saltare questa domanda: sono collocato nel posto giusto? quello che questa società mi sta offrendo è veramente quello che voglio o forse sono stato semplicemente attratto da una bella confezione?

Io questa domanda me la sono fatta e già da qualche mese mi sono autonomamente scollocata.

Fino a gennaio avevo uno stipendio a fine mese, ma ero un’infelice statale a tempo indeterminato; adesso non ho quasi mai un soldo in tasca, però ho il mio tempo. Il tempo per osservare, per vedere, per pensare, per ascoltare, per esserci con mia figlia e con la mia famiglia, per aiutare i miei vicini e i miei amici e per scrivere su questo inutile e improduttivo blog!

La Signora Loa e la sigaretta

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Farmer's Market

La Signora Loa è il mio appuntamento del giovedi mattina.

Davanti alla sua bancarella Coldiretti sfodera sorriso, panza rotonda e le coloratissime verdure del suo orto: c’è la lollo in cespi verdi e violetti, i rossi pomodorini della sua serra, i mazzetti arancioni delle carotine, il rosa cipria delle ovette fresche di giornata. E poi ancora: la rassicurante rotondità della zucca mantovana, la disordinata pungente freschezza dell’insalata paesana, la lattea consistenza del cavolfiore, la robusta presenza delle patate color giallo terra e la promettente sapidità delle verdissime erbette.

L’angolo dei dolcetti fatti in casa, ogni settimana diversi, affianca eleganti vasetti di marmellata chiusi con fili di rafia naturale e piccoli mix di sale ed erbe fini per insaporire tutti i piatti.

Arrivo presto, prima che i meravigliosi cestini inizino a svuotarsi, e mi godo lo spettacolo;  la Signora Loa impartisce lezioni di cucina dalle ricette della sua nonna austriaca ed io, mentre spiega il trucco per le patatine fritte croccanti fuori, ma morbidissime dentro, mi sorprendo ad immaginarla indaffarata, tra un panetto di strutto e un ragù sul fuoco, in un cucinone di campagna come quelli di una volta, con un paio di gatti che le si attorcigliano intorno e fuori dalla finestra l’eterna nebbia fitta del suo agro lodigiano…

L’idillio si è interrotto bruscamente giovedi scorso quando la Signora Loa, parlando al suo fedele pubblico di massaie di ritorno – tra cui la sottoscritta – si è accesa una sigaretta.

E allora ho realizzato che il mio carrello della spesa sarà anche un carrello “a km zero” che parla dello stile di vita responsabile di chi evita gli ipermercati e si dimentica dove ha parcheggiato l’auto più di un mese prima, ma che gli alimenti di stagione che contiene vengono pur sempre da una delle zone a più alta concentrazione di inquinanti d’Italia!

Perciò, cara (in tutti i sensi) Signora Loa, ci vediamo giovedi. Pero’ questa volta mi fermerò anche alla bancarella accanto alla sua a comprare un chilo di cime di rapa pugliesi, le arance da Enna, le banane Del Monte e, pensi un po’, persino l’aglio che viene direttamente dalla Cina…